Quando ci si accorge che in busta paga sono indicate meno ore di lavoro di quelle svolte si possono adottare delle misure per vedere riconosciuti i propri diritti.
Il datore di lavoro infatti è obbligato a rispettare il contratto in tutte le sue parti, compresa quella sull’orario di lavoro.
Se il lavoratore trova indicate meno ore di lavoro siamo in presenza di un caso denominato “lavoro grigio”, da non confondere con il lavoro nero, dove le ore non sono dichiarate neppure parzialmente e si riceve denaro contante senza nessun tipo di contratto che regolarizza il rapporto.
Il lavoro grigio invece è una situazione di lavoro che rientra nella casistica di irregolarità parziale, che può rispecchiare diverse situazioni: quando i pagamenti sono effettuati fuori busta paga per una loro frazione, oppure quando c’è un inquadramento che non riflette il lavoro in concreto svolto, oppure quando il datore di lavoro non rispetta parte delle regole in tema di versamenti assicurativi e previdenziali, o semplicemente non si adegua a quanto disposto dal Ccnl.
Altro caso da segnalare è quando si ha un orario di lavoro diverso da quello riportato nel contratto individuale e che risulta per questo inferiore in busta paga.
Le ore pagate fuori busta per un lavoratore dipendente costituiscono un danno su diversi aspetti, visto che le tutele come pensione, indennità di disoccupazione sono proporzionate alla retribuzione che viene dichiarata. Per questo motivo si avranno ripercussioni sul fronte retributivo e sul fronte previdenziale.
Ma come può tutelarsi un lavoratore da tutto questo?
A volte, la dichiarazione di meno ore lavorative può essere un errore e non una cosa voluta, in questo caso è lecito interrogare il datore stesso o l’ufficio personale se sorge un dubbio su quanto si trova dichiarato in busta paga. Se ci si accorge di questa imprecisione entro il 16 del mese successivo al periodo di emissione della busta paga si può domandare quanto prima una correzione, mentre se si nota la cosa dopo la data del 16 andrà fatta richiesta di versare la differenza spettante nelle prossime mensilità.
Se invece ci troviamo davanti ad un illecito mirato a tagliare costi aziendali sarà necessario far pervenire una comunicazione formale tramite Pec o raccomandata all’ufficio personale o al datore di lavoro stesso, oppure, si può domandare l’appoggio di un consulente del lavoro, del sindacato o di un legale.
Nel caso in cui l’azienda non intenda adeguarsi alle richieste si potrà optare una tentativo di conciliazione tramite l’intervento dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro o al sindacato, in modo da trovare un accordo bonario. Qualora questo percorso non andasse a buon fine sarà necessario rivolgersi ad un avvocato per intraprendere la strada della causa legale presso un giudice del lavoro.
In questo caso andrà dimostrata la fondatezza delle richieste e bisognerà produrre prove, magari coinvolgendo alcuni colleghi per una testimonianza o dichiarazioni di fornitori o clienti che possono provare la presenza sul lavoro. Oltre a questo potrebbe essere necessario fornire messaggi di posta elettronica o i documenti firmati in orari differenti da quelli indicati in contratto, o ancora audio o video che provano quanto dichiarato dal lavoratore.
Come ultima alternativa il dipendente potrà licenziarsi e dare le dimissioni per giusta causa, senza l’obbligo di preavviso con diritto al risarcimento del danno e al versamento dell’indennità di mancato preavviso. Al termine di questa procedura ci si potrà avvalere della Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego o indennità di disoccupazione.