Un cosa per cui l’Italia non smette di fare scalpore è la capacità delle persone di raggirare, forzare e fin troppo spesso ignorare le regole. Che questa attitudine abbia uno specchio fin troppo preciso in campo pubblico non è una novità. In questo caso andremo a parlare non dei già tanto discussi furbetti del cartellino o degli assenteisti ma di quelle persone che sfruttano le possibilità che la legge fornisce loro, abusando della 104 (che serve a regolare permessi, detrazioni e indennità per disabili e familiari) o forzando “l’inidoneità parziale”, per evitare di svolgere il lavoro per cui sono stati assunti, facendosi ricollocare in ufficio o in mansioni di ripiego più leggere.
Se di certo bisogna riconoscere la natura di giustizia e importanza che hanno le norme che agevolano il lavoro a persone con parenti disabili a carico o con infortuni o malattie invalidanti, diritto sacrosanto in una società civile, non può esserlo di certo il fatto di sfruttare queste leggi per evitare lavori gravosi o ottenere permessi di cui non si necessita. In questo modo si finisce per penalizzare e gravare di attività in eccesso, chi invece a lavoro ci va con costanza e dedizione quotidiane.
I casi sono tanti e riguardano tutta Italia. Nella sola sanità pubblica, sono circa 80.000 (il 12%) le persone che hanno ottenuto il riconoscimento a limitare la propria attività lavorativa, tra cui il 24% degli operatori socio-sanitari e il 15% degli infermieri. Si tratta di non: sollevare pazienti, sollevare carichi pensati, essere esposti a rischi biologici, chimici, allergeni, eseguire lavori stressanti, fino alla possibilità di non avere contatti con i pazienti.
Lavorare in un ospedale è di certo stressante, ma è difficile credere che tutte queste persone abbiano problemi così gravi da non poter svolgere nella sua totalità il lavoro per cui sono state assunte, soprattutto se si pensa che le percentuali di questi casi arrivano al 25 %… in pratica un quarto degli assunti.
Nel complesso non è certo solo la sanità ad avere questi numeri emblematici, perché da un’indagine dell’Inps si è scoperto che negli ultimi cinque anni le percentuali dei dipendenti pubblici che si sono fatti riconoscere una disabilità è salita del 22,5% mentre di quelli che hanno dimostrato di avere disabilità familiari è aumentata del 34%. un aumento a dir poco improbabile.
Seppur questo pare essere un problema che coinvolge tutta la nostra nazione, nessuna regione esclusa, al Sud e al Centro i casi diventano più eclatanti, basta pensare che fu proprio il caso della scuola di Santi Bivona di Menfi, nell’agrigentino, dove il 41% dei docenti sfruttava la 104, a far scattare una serie di inchieste e ricerche che hanno portato alla luce come in Calabria circa metà del personale sanitario si è fatto trasferire dietro a una scrivania e la metà dei dipendenti assunti dalla protezione civile è finita a lavorare al centralino, mentre a Palermo sono ben 270 i netturbini che possono vantare un certificato medico che gli impedisce di spazzare le strade. A Pescara invece ben 50 tra operatori socio-sanitari e infermieri sono stati trasferiti a lavori di ufficio, mentre, salendo, a Firenze buona parte del corpo dei vigili urbani (il 40%) deve trascorrere più tempo in ufficio che in strada. Se ci spostiamo a Milano, scopriamo che 4 su 5 degli ispettori assunti dalla società comunale Sogemi non sono idonei al lavoro notturno… quando il loro compito riguarda il dover controllare l’Ortomercato fra le tre di notte e le otto del mattino.
Insomma, un malcostume tragico e diffuso, che coinvolge tutte le istituzioni pubbliche in una qualche misura e finisce per sminuire la 104, una legge che rimane un simbolo di civiltà, insozzato dai furbetti che inseriscono tra i parenti a carico con gravi disabilità figli celiaci o nonne che abitano a chilometri di distanza.
Questo modo di fare finisce inevitabilmente per riflettersi sull’efficienza delle infrastrutture stesse, che si vengono a trovare in difetto di personale e non riescono a gestire la mole di lavoro di loro pertinenza. Non resta che sperare in un giro di vite e una stretta ai controlli, in modo da poter normalizzare questa situazione insostenibile, che ogni italiano si ritrova a pagare.