Dopo circa sei mesi, stando ai dati del Ministero, il programma Garanzia Giovani non pare un successo: ben 250.772 i ragazzi registrati al programma europeo, fino al 16 Ottobre, 59.157 i profilati per quelli che sono solo 25.747 posti di lavoro disponibili. Questo senza prendere in considerazione le disparità, i ricorsi e i vari problemi (burocratici e non) che GG ha creato, e senza pensare al fatto che il numero dei potenziali interessati supera i 900.000 e che in Italia i giovani che non stanno studiando o lavorando (i cosiddetti Neet) raggiungono quasi i 2 milioni.
Gli addetti ai lavori però tengono a precisare che “il programma, ideato e finanziato in gran parte dall’Europa (con 1,4 miliardi di euro solo per il nostro Paese), puntava a favorire l’occupabilità, più che l’occupazione”.
Ma nonostante GG si stia rivelando un miscuglio di problemi e inefficienza, ci sono alcune realtà che sono riuscite a far fruttare questo progetto, nello specifico la Regione Lombardia, con 24.000 ragazzi iscritti, 9.000 dei quali residenti fuori regione. Questo successo è dovuto, almeno in parte, al modello Dote Unica Lavoro, un programma su cui Garanzia Giovani si è inserita, sfruttando i 723 sportelli già presenti in precedenza.
Claudio Soldà, responsabile CRS e direttore Public Affair di Adecco (un’agenzia per il lavoro tra quelle che hanno contribuito alle attività del programma) ci tiene a sottolineare come questa sia una “dimostrazione dell’importanza delle politiche attive”. Infatti, fino al 15 Ottobre, su 43.000 doti assegnate, più di 20.000 sono state gestite da varie agenzie per il lavoro.
Le parole di Soldà si fanno chiare e decise quando afferma che “Nel caso lombardo abbiamo assistito a un ottimo rapporto tra pubblico e privato. Si è messa in atto una competizione in positivo. Ma non tutte le regioni hanno scelto questa strada, penso alla Toscana o al Friuli, ad esempio. L’errore è stato non aver coinvolto tutti i soggetti che avrebbero potuto dare un aiuto concreto, come le scuole, le Università, il Terzo settore e i soggetti privati. Sarebbe stato più facile anche per i ragazzi stessi sapere di avere così tanti punti di riferimento per affrontare un percorso che, ahimè, è davvero molto complesso”.
Si mette così sotto i riflettori uno dei più gravi problemi di GG, cioè la disomogeneità degli interventi, che porta ad avere pochissime realtà funzionanti, come accade in Piemonte e in Veneto.
Un altro aspetto del modello lombardo consiste nel fatto che il candidato ha la possibilità di scegliere l’operatore a cui riferirsi, questo, oltre a dare valore alla sua decisione, spinge gli enti pubblici e privati a cercare attivamente i candidati più consoni e con maggiori possibilità di collocamento. Questo non è un fatto da sottovalutare, perché le agenzie saranno pagate solo se riusciranno a far firmare al lavoratore un contratto di almeno sei mesi.
Soldà non risparmia una giusta critica, facendo notare che “si sarebbe dovuto agire uniti per cercare di arginare il dramma della disoccupazione giovanile, piuttosto che lasciare le Regioni sole e senza una guida omogenea”, pur evidenziando che “Garanzia Giovani possa ancora essere un progetto da sfruttare in modo positivo, per trovare un’occupazione ai giovani, prendendo ad esempio i modelli migliori e sfruttandoli per sperimentare strategie nuove ed efficienti di politiche attive”.