I buoni pasto sono diventati un tema sempre più rilevante nel mondo del lavoro, suscitando numerosi interrogativi su chi ne ha diritto, quali sono gli importi e le regole di tassazione. In particolare, una domanda comune è se un’azienda sia obbligata a fornire buoni pasto ai propri dipendenti o se sia una decisione discrezionale. Inoltre, molti si chiedono come possono essere utilizzati e in che quantità.
La normativa che regola i buoni pasto ha subito diverse modifiche negli ultimi anni, e una di queste ha consentito l’utilizzo dei buoni anche per l’acquisto di generi alimentari, non limitandoli esclusivamente all’acquisto del pasto. È possibile utilizzare fino a 8 buoni pasto contemporaneamente in supermercati, bar, tavole calde, mercati ed agriturismi convenzionati. È importante ricordare che i buoni pasto non possono essere ceduti ad altre persone, come moglie, figli o altri familiari, né in formato elettronico né cartaceo. Solo il titolare del buono può spenderlo.
Oltre alle modalità di utilizzo, è fondamentale comprendere i vantaggi fiscali legati ai buoni pasto. I buoni pasto, sia elettronici che cartacei, sono considerati un’indennità sostitutiva del servizio mensa e sono riconosciuti a determinate categorie di lavoratori. Sia i dipendenti a tempo pieno che quelli part-time hanno diritto a ricevere i buoni pasto, con precise regole e limiti. La fornitura dei buoni pasto avviene attraverso una società terza che ha una convenzione con l’azienda, garantendo ai lavoratori la possibilità di consumare il pasto e di utilizzare i buoni anche per la spesa al supermercato.
Vediamo come funzionano i buoni pasto, i luoghi in cui possono essere spesi e chi può utilizzarli nel 2023. I buoni pasto, in formato cartaceo o elettronico, possono essere erogati dal datore di lavoro sia ai dipendenti a tempo pieno che a quelli part-time.
Una delle principali domande è se i buoni pasto siano obbligatori per le aziende. È importante precisare che, a meno di specifiche disposizioni presenti nei contratti collettivi di categoria, le aziende non sono obbligate a erogarli. Tuttavia, i buoni pasto vengono spesso utilizzati come forma di premialità concessa dal datore di lavoro ai propri dipendenti. Sono previsti quando l’azienda non dispone di una mensa interna o esterna e non può fornire il pasto ai dipendenti.
È interessante notare che, con il decreto MISE n. 122/2017, è possibile utilizzare i buoni pasto presso esercenti autorizzati alla vendita di prodotti provenienti dai propri fondi, agriturismi, ittiturismi e negozi aziendali. Inoltre per garantire una panoramica completa sull’argomento dei buoni pasto, è importante considerare anche le implicazioni fiscali che riguardano sia le aziende che i dipendenti.
Dal punto di vista aziendale, l’utilizzo dei buoni pasto elettronici consente alle aziende di detrarre integralmente l’IVA sui ticket, mentre per i buoni pasto cartacei l’IVA non è detraibile. Questo vantaggio fiscale del 4% può rappresentare un incentivo per le aziende ad adottare i buoni pasto elettronici.
I liberi professionisti, inclusi i titolari di azienda e le aziende individuali, possono detrarre l’IVA al 10% e il 75% delle spese dei buoni pasto, fino a un importo massimo pari al 2% del fatturato. Questa possibilità di detrazione fiscale offre un beneficio ai professionisti che utilizzano i buoni pasto come forma di retribuzione aggiuntiva per sé stessi o per i dipendenti.
Le persone giuridiche, come le società e le altre entità legali, possono detrarre il 100% dell’importo dei buoni pasto, sia elettronici che cartacei, secondo quanto stabilito dalla Circolare Ministeriale n. 6/E del 3 marzo 2009. Questo significa che possono dedurre interamente il costo dei buoni pasto dalle imposte aziendali, offrendo un vantaggio fiscale significativo.
Per quanto riguarda i dipendenti, i buoni pasto vengono erogati sia ai lavoratori a tempo pieno che a quelli a tempo parziale. Nel caso dei dipendenti a tempo pieno, i buoni pasto, sia elettronici che cartacei, vengono forniti per sostituire il servizio di mensa aziendale o il vitto, garantendo la possibilità di consumare un pasto presso strutture esterne convenzionate. Gli importi dei buoni pasto per i dipendenti a tempo pieno vanno da 2 a 10 euro, a seconda delle politiche aziendali.
In passato, i dipendenti a tempo parziale non avevano diritto ai buoni pasto, a meno che non soddisfacessero determinate condizioni, come avere un orario di lavoro che coprisse la fascia oraria di un pasto o dover affrontare una distanza considerevole tra la residenza e l’azienda che rendeva impossibile consumare il pasto a casa propria. Tuttavia, con l’introduzione del decreto MISE, queste restrizioni sono state abolite, e i dipendenti a tempo parziale possono ora beneficiare dei buoni pasto come i dipendenti a tempo pieno.
Nel caso in cui i dipendenti non possano utilizzare i buoni pasto perché la sede dell’azienda è lontana da esercizi convenzionati o agriturismi, è possibile convertire l’importo del buono pasto in un’indennità sostitutiva di mensa. In pratica, il dipendente riceverà in busta paga un importo equivalente al valore del buono pasto, che sarà esente da tassazione. Tuttavia, affinché l’indennità possa essere considerata esente da tassazione, devono essere rispettate determinate condizioni stabilite dalla normativa fiscale. Ad esempio, l’indennità sostitutiva di mensa deve essere erogata esclusivamente per i giorni in cui il dipendente non può utilizzare il buono pasto a causa della mancanza di strutture convenzionate.