Il decreto legislativo 8 aprile 2003 numero 66, definisce (articolo 1, comma 2, lettera a) l’orario di lavoro «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni».
Il datore di lavoro è quindi la persona che ha il potere direttivo e il compito di gestire l’attività manuale o intellettuale del lavoratore, ovviamente nel rispetto delle esigenze economico-produttive dell’azienda.
Come bilanciamento al potere del datore di lavoro il decreto sopra citato numero 66/2003 ha stabilito una serie di limiti riguardanti l’impegno lavorativo dei dipendenti come, orario giornaliero, normale orario settimanale, riposo giornaliero, riposo settimanale e pause intermedie. Questo per tutelare il benessere psico-fisico della persona che presta attività lavorativa per l’azienda.
Sempre nell’articolo troviamo un tetto alla durata media dell’orario di lavoro, infatti non è possibile superare le 48 ore per un periodo di 7 giorni, comprese le ore di straordinari.
Ricordiamo che è considerato lavoro straordinario quello compito dopo le 40 ore di lavoro settimanali o il diverso orario di lavoro a tempo pieno previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato.
Superando le 40 ore settimanali (o il limite di tempo pieno) il dipendente ha il diritto ad avere in busta paga le maggiorazioni retributive previste dal Ccnl applicato o in alternativa usufruire di riposi compensativi.
Tutto questo spetta anche a chi supera le 48 ore settimanali, ma è d’obbligo tenere presente che la legge, come prescritto dall’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo numero 66/2003, prevede un limite: il ricorso «a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto».
Normalmente i contratti collettivi stabiliscono un limite massimo annuale in cui sono autorizzate le ore di lavoro straordinario: l’utilizzo dello straordinario è ammesso «per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali» (articolo 5, comma 3, dlgs. Numero 66/2003).
In caso queste regole vengano trasgredite il datore di lavoro è sottoposto a una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 240 a 1.800 euro.
Le fasce per calcolare le sanzioni sono due: la sanzione amministrativa va da 960 a 3.600 euro se si riferisce a più di 5 lavoratori in almeno tre periodi di riferimento, mentre va da da 2.400 a 12.000 euro se si riferisce a più di 10 lavoratori e si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento
Vediamo ora nel dettaglio il funzionamento del limite delle 48 ore.
La durata massima settimanale dell’orario di lavoro viene stabilito dai contratti collettivi di lavoro Il decreto legislativo numero 66/2003 (comma 1).
La durata media non può eccedere, per «ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario» (comma 2).
Per calcolare la durata media devono essere prese in considerazione le ore di lavoro del dipendente in un periodo non superiore a 4 mesi che possono arrivare, da parte dei singoli contratti collettivi, fino a: 6 mesi o 12 mesi a fronte di «ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi».
Il calcolo non deve però prendere in considerazione le ferie annue, le assenze per malattia, infortunio o gravidanza.