Il lavoro irregolare, ovvero quello relativo “a prestazioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia lavoristica, fiscale e contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative” (secondo definizione Istat), sembra in continuo aumento in Italia. Secondo i dati dell’Ispettorato del Lavoro, nel 2016 ben il 63% delle aziende controllate riporta una qualche situazione di irregolarità.
Se la maggior parte delle irregolarità si riscontrano sul lavoro in nero, molte situazioni si riferiscono ormai anche a inadempienze o modifiche illegali nei contratti, come ad esempio far figurare un dipendente come part-time per poi affibbiargli un orario di fatto più pesante e vicino al tempo pieno, senza l’adeguato stipendio. Si aggiungono a questi anche lavoratori assunti tramite cooperative, piuttosto che in maniera diretta, aggirando il sistema di contratti nazionale; un modo di fare che grazie alla depenalizzazione del reato di somministrazione fraudolenta avuto con il Jobs Act, permette alle imprese di rischiare soltanto una sanzione amministrativa e non più l’obbligo di assumere direttamente il lavoratore.
Per non parlare dell’enorme problema legato al lavoro giovanile, che tra stage e tirocini si ritrova spesso in una situazione reale di lavoro gratuito (ripagato talvolta solo con un esiguo rimborso spese), molte volte senza alcuna garanzia di assunzione futura per il lavoratore.
Si nota spesso che sono le stesse regole emesse dallo Stato a permettere poi di raggirare le regole sul lavoro, basta pensare ai voucher; buoni lavoro che avevano lo scopo di agevolare l’assunzione di lavoratori occasionali nel settore domestico e agricolo e poi espansi ad ogni tipo di attività. Dopo tante proteste sono stati da poco aboliti, sono subito riapparsi in una forma diversa: validi per le aziende con meno di 5 dipendenti, con nuovi limiti sull’importo massimo ma la stessa carenza in materia di controllo, infatti se è vero che l’azienda deve avvisare l’Inps della prestazione un’ora prima del suo inizio, può annullarla entro tre giorni, quindi se non si ricevono controlli tornare a pagare in nero la prestazione.
Se si considera che i numeri del lavoro irregolare sono saliti di quasi 100.000 unità dall’anno della crisi (il 2011), anche perché per rimanere a galla molte aziende tentano qualsiasi via, anche illegale, e a questo si aggiungono leggi, in puro stile italiano, che sembrano fatte apposta per essere aggirate o portate al limite della legalità, non pare ancora prospettarsi ancora un buon futuro per il mondo del lavoro nel nostro paese.