Una brutta abitudine che in Italia sta prendendo silenziosamente (nel senso che non se ne parla abbastanza e non copre altisonanti titoli di giornali) è quella di portare l’orario lavorativo a coprire fasce ritenute atipiche e in genere socialmente scomode, in particolare riguardo turni di notte e lavoro nel weekend. Se è ovvio che molti lavori hanno sempre coperto questi orari, si pensi al panettiere, operaio o barista, questi ritmi sono nuovi (e spesso non necessari) per altre categorie, primi su tutti commessi e cassieri, che nelle grandi catene si ritrovano ad avere spesso ritmi lavorativi eccessivi.
Se la media europea parla di un 38,5% di persone costrette ad orari di lavoro atipici, in Italia la percentuale si attesta al 41,8%. Se insieme all’Italia, sono anche Grecia e Spagna a trovarsi ai primi posti di questa tendenza, quindi i paesi che hanno sofferto di più della crisi economica, si trovano al di sopra della media anche paesi benestanti come Austria, Olanda e Svizzera. Questo fatto fa pensare che la causa della tendenza a portare gli orari lavorativi a diventare “atipici” sia basata più su motivi culturali e legislativi.
Per quanto riguarda l’Italia in specifico, si deve anche tenere conto che siamo uno dei paesi con il più alto tasso di lavoro autonomo, fattore che di conseguenza porta spesso a lavorare fuori dell’orario canonico, in particolare il sabato. Infatti, nel nostro paese, questo slittamento ad orari inusuali, coinvolge più il lavoro nel weekend (32,7% contro il 26,6% della media europea) che quello notturno. Altrettanto indicativo è il fatto che mentre in Europa c’è stato un calo dell’1% in questa tendenza, mentre in Italia è aumentata quasi del 6%, dato che coinvolge in particolare i più giovani (tra i 15 e i 24 anni), mentre sopra i 25 anni e si avverte un calo.
Diverso è il discorso per il lavoro notturno, che vede la percentuale italiana addirittura coinvolta in un piccolo calo in seguito alla crisi economica. Anche in questo caso, sono comunque i giovani a risentirne di più e a trovarsi coinvolti in orari notturni, al contrario di quanto avviene nel resto dell’Europa.
Se da una parte può sembrare ovvio che siano i più giovani a dover operare in quegli orari considerati scomodi e magari più duri, rischia invece di passare in secondo piano che la forza lavoro giovane impegnata ad imparare un mestiere e che può impiegare più energie sarebbe meglio sfruttata in orari normali. Questo aspetto sembra essere compreso e sfruttato nel resto dell’Europa, al contrario di quanto accade nel nostro paese, che finisce sempre per penalizzare i lavoratori più giovani.