L’esperto del mercato del lavoro, Francesco Sghezzi, afferma senza dubbi che il tirocinio “è la nuova frontiera del precariato”. Questo dopo aver mostrato le statistiche raccolte dal centro studi Adapt, che mostrano come solo il 12% dei giovani assunti con un contratto di tirocinio, si vedono poi confermare il lavoro al termine di questo. Questa modalità d’impiego che il governo scommetteva avrebbe agevolato il lavoro per i giovani, in pratica fornisce in realtà un occupazione al termine del contratto solo a 1 su 10 dei tirocinanti.
Secondo i sindacati, il governo ha solo scommesso sui contratti di tirocinio, con nessuna certezza alle spalle. Dopo averli agevolati, i contratti di tirocinio sono infatti passati dai 67.150 del 2010 a ben 114.879 nel 2015… ne senza nessuna variazione tra questi e le successive assunzioni a contratto indeterminato, fisse all’11,8%. La situazione è ancora peggio guardandola in dettaglio, perché questi dati si riferiscono ai contratti di tirocinio della durata di 24 mesi (ovvero la massima consentita), mentre per quelli più brevi la percentuale di assunzione per i tirocinanti è ancora più bassa.
Da questo si evince che le manovre del governo, dal Jobs Act al progetto Garanzia Giovani, servono soltanto a garantire assunzioni agevolate per le aziende, che risparmiano così sul costo del lavoro (assumendo personale per qualche mese con uno stipendio di poche centinaia di euro, in genere tra i 300 e i 500), piuttosto che ad aiutare i giovani a imparare un mestiere che in qualche modo poi sia garantito con un’assunzione più stabile e dignitosa. A meno che non si vuole credere che circa il 90% dei giovani si rivela (al termine del contratto) incapace e inadatto al lavoro per cui viene assunto come tirocinante. Ipotesi a dir poco ridicola.
Stesse problematiche si presentano quando si parla di apprendistato. Quando il governo ha agevolato le assunzioni per le ditte nei confronti dei contratti degli apprendisti, questi sono nuovamente decollati come numero… ma ancora una volta stentano a trasformarsi in assunzioni più stabili una volta terminato il contratto. Se nel 2013, su 229.350 rapporti di apprendistato, solo 69.635 diventavano contratti a tempo indeterminato, negli anni successivi la proporzione non è cambiata di molto, rimanendo però almeno un po’ favorevole, se si considerano i 184,195 rapporti di apprendistato del 2015 con circa 85.000 assunzioni conseguenti.
In pratica quelli che dovevano essere aiuti per i giovani, sono stati in buona parte agevolazioni per manovre opportunistiche da parte degli imprenditori, che hanno potuto beneficiare di sgravi sulle tasse degli assunti tramite tirocinio o apprendistato, e beneficiare dell’abbassamento dal 50 al 20% della soglia minima di stabilizzazione degli apprendisti per maturare il diritto a fare nuovi contratti di questo tipo, o la franchigia per le aziende con meno di cinquanta dipendenti.
E se dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, arrivano parole incoraggianti nel parlare delle manovre effettuate: “In più di un milione si sono registrati fino ad oggi a Garanzia giovani: difficile definirlo un fallimento. L’apprendistato lo abbiamo semplificato e spero di poter dire che verrà stabilizzato. Quanto all’alternanza scuola-lavoro, abbiamo bisogno che diventi permanente: pensiamo ad incentivi, ma vanno trovate le risorse “, è diverso il parere di Guglielmo Loy, segretario della Uil: ” Se il governo avesse a cuore il rafforzamento del lavoro stabile, indebolirebbe tutte le altre forme contrattuali. Invece, si è limitato a scommettere sulla possibilità che, una volta esaurito l’effetto incentivi, sarebbe stata la ripresa a sostenere la dinamica del mercato del lavoro. Una scommessa persa, per il lavoro siamo tornati ai livelli del 2014.”