Se in un primo momento, il tanto discusso Jobs Act sembrava dare risultati positivi, non è così nel secondo trimestre del 2016, i cui dati sono altalenanti e fanno riflettere. Si parla di un calo di assunzioni a tempo indeterminato (ben del 29%) a fronte di un aumento dell’apprendistato (il 26% in più). In aumento pure i licenziamenti, che raggiungono la percentuale del 7,4% anche a causa della cessazione di molti contratti a tempo determinato (circa un milione e mezzo) non rinnovati.
Il quadro generale, mostrato dallo stesso ministero del Lavoro, mostra un calo di assunzioni e un aumento dei licenziamenti, aspetto che non fa certo ben sperare per la ripresa economica, tanto decantata. Nel secondo trimestre del 2016, il bilancio tra assunzioni e licenziamenti, pare rimanere attivo perché sono stati circa 2,45 milioni i contratti attivati, contro le 2,19 milioni di cessazioni (ben 15.264 in più dello stesso trimestre del 2015), molte delle quali derivate dallo scadere di contratti a tempo determinato. Bisogna però considerare che le cessazioni dei contratti incoraggiate del datore di lavoro, sono aumentate dell’8,1%, insieme all’aumento del 7,4% dei licenziamenti, mentre le dimissioni richieste dal lavoratore sono calate del 24,9%, così come le richieste di pensionamento (meno 41,4%). Insomma, chi ha un lavoro, che gli piaccia o meno, cerca di tenerselo stretto.
Secondo il ministero, il calo di nuove assunzioni deriva anche dallo stabilizzarsi dei contratti esistenti.
Dell’aumento dei contratti di apprendistato, invece, si può dar parte del merito al Jobs Act, ma soprattutto al progetto Garanzia Giovani, che sta avendo un riscontro positivo nel far entrare i ragazzi nel mondo del lavoro.
Più critici sono i commenti dei sindacati. Il segretario Gigi Petteni della Cisl ipotizzava “una riduzione del lavoro stabile, con il taglio dell’incentivo e la crescita del Pil tornata a zero, anche se non di questa entità.” E spera in “una svolta espansiva nelle scelte europee” quando al “puntare al massimo sul potenziamento dei consumi interni” a livello di politica economica nazionale.
Guglielmo Loy della Uil è preoccupato, ammettendo che “questi dati purtroppo fotografano una situazione critica del nostro mercato del lavoro, sia sul versante delle imprese che, inevitabilmente, dell’occupazione, che continua a navigare in acque non buone. In attesa che si mettano in atto politiche economiche, industriali e fiscali di crescita, occorre ancora dare ossigeno all’unico strumento di tutela per imprese e lavoratori, la cassa integrazione, rendendola più flessibile nella durata”.