I call center sono una realtà sempre più presente in tutta Italia, sostenuti spesso da politiche del lavoro spietate che invece di aiutare una persona a formarsi ed apprendere un mestiere rispettabile, magari con almeno un minimo di prospettive future, spingono verso un’attività (ai limiti del legale) per in cui le persone vengono sfruttate e trattate al pari di schiavi, sfruttando le situazioni più disperate.
Un caso eclatante è quello della Regione Sardegna, che nel 2014 promuove il bando “Incentivi per la formazione e le assunzioni nel settore dei call center”, che stanziava duemila euro per ogni nuova assunzione. Il risultato fu una spinta ad assumere persone in difficoltà, con contratti a progetto (di solito della durata di 3 mesi), mai rinnovati, terminati i quali si passava a un nuovo ciclo di disperati… e così via. E questa fu solo la prima di una serie di manovre di questo tipo.
Il settore del teleselling vive nell’ombra e sono per lo più sconosciuti i dati relativi a impiegati, condizioni di lavoro e fatturato dell’azienda. Un’oscurità supportate dalle istituzioni stesse, che non agiscono per fare chiarezza, magari inviando ispettori delle Asl. Per non parlare di quando l’azienda ha sede all’estero, come nel caso dell’Albania, paese mai passato di moda tra gli imprenditori italiani. Se per passare ore a fissare uno schermo, digerire gli insulti di potenziali clienti esasperati, offrendo tariffe al limite del ridicolo, in genere per compagnie telefoniche che ormai si danno lotta senza quartiere all’ultima offerta, un italiano prende circa 5 euro lordi, un albanese si accontenta di molto meno.
Insomma, si tratta di un ambiente lavorativo alienante, in cui si trascorrono ore con cuffiette in testa e occhi fissi sullo schermo, in cui scorrono numeri di telefono chiamati in automatico, dall’altra parte dei quali si trovano clienti sempre più stanchi degli incessanti attacchi alla loro quotidianità.
Vendere è la parola chiave, perché un contratto insoluto continuerà a girare nel sistema, ma l’operatore che non è stato in grado di piazzarlo rischia di subire mobbing da parte dei superiori spesso sfocianti in minacce di licenziamento.
Si tratta di un’attività che ha un costo molto elevato a livello psicologico, perché in grado di creare ansia, stress, attacchi di panico e depressione. Se si aggiunge che non solo non esistono possibilità di far carriera, ma in genere nemmeno garantisce la minima stabilità, dovrebbe essere perfino difficile definire lavoro o professione questa attività.