Secondo quanto decretato dal comma 26 dell’articolo 1 L. 190/2014 (relativo alla Legge di Stabilità 2015), nel periodo di tempo tra il 1° marzo 2015 e il 30 giugno 2018, ci sarà la possibilità, in via sperimentale, per i lavoratori dipendenti, di richiedere di ricevere mensilmente la quota maturata come TFR nella propria busta paga.
La richiesta può essere sottoposta ai propri datori di lavoro, solo dai lavoratori dipendenti che operano in ditte private, assunti da almeno sei mesi. Sono esclusi gli operanti nel settore agricolo e in quello del lavoro domestico, così come le ditte in crisi o che si trovino sottoposte a procedimenti concorsuali. Questa misura sperimentale proposta dal Governo, dovrebbe essere un mezzo per aumentare la liquidità dei lavoratori, in modo da permettere di resistere meglio al terribile impatto che la crisi ha avuto e ha tuttora sull’economia domestica (e non solo).
La richiesta per avere il TFR in busta paga, dovrà essere presentata dal lavoratore al proprio datore di lavoro, con un’istanza di accesso. Sarà poi compito dell’INPS autorizzare la procedura, e una volta ottenuta questa autorizzazione, il richiedente non potrà più avere una revoca, fino al termine del periodo sperimentale, cioè il 30 giugno 2018.
Inutile dire, quindi, che come sempre, non è tutto oro quello che luccica, e un lavoratore dovrà fare molta attenzione riguardo questa decisione, in primo luogo per la sua irrevocabilità, ma non solo. Un altro aspetto importante da considerare sarà la tassazione sull’importo del TFR ottenuto in busta paga. Infatti, se il TFR sarà accorpato, sarà trattato come parte del reddito del lavorato e non usufruirà della tassazione separata e agevolata, a cui sarebbe sottoposto se ottenuto a fine rapporto. Con un reddito più alto si innescherebbe quindi una serie di conseguenze, tra cui una tassazione più elevata dello stesso, poiché questa avviene attraverso il calcolo dell’aliquota marginale, cioè proprio quella che si valuta tenendo in considerazione la parte più elevata del reddito. Senza contare che, innalzando il reddito, anche eventuali detrazioni per figli a carico potrebbero ridursi o venire meno, e stesa sorte potrebbe capitare agli assegni familiari. Infine, al TFR non si applicano le addizionali comunale e regionali Irpef, mentre questo avverrebbe in caso di accorpamento nella busta paga.
Insomma, quella che dovrebbe essere una boccata d’ossigeno per i lavoratori e le famiglie, deve essere ben valutata dal singolo individuo, che dovrà scoprire da solo i pro e i contro di questa soluzione, per evitare di rinunciare a una cospicua cifra di denaro in cambio di quelle che al netto sarebbero poche decine di euro mensili, in busta paga.