Sono molte le novità che fanno parte della legge di Stabilità in relazione al riconoscimento di credito d’imposta per quanti non impiegano personale dipendente, cui si aggiungono recenti pareri della Cassazione. Per chiarire la tassabilità degli studi professionali al tributo regionale, sono state fatte diverse dichiarazioni il 19 Dicembre, considerato una specie di “Irap Day”.
Di base, la norma non sembra escludere in maniera chiara alcune categorie di soggetti, lasciando fumose alcune situazioni. Per questo è necessaria che la giurisprudenza offra un’interpretazione in grado di stabilire i limiti dell’applicazione. Occorre quindi una precisa valutazione della situazione e delle condizioni in cui viene svolta l’attività, per comprendere se il tributo può essere o no richiesto. Infatti, l’imposizione dell’Irap verte intorno al concetto di autonoma organizzazione, ossia alla gestione degli elementi che influiscono sui ricavi conseguiti. In pratica, stando ad alcune sentenze (12108 e 12111/2009) si tratta di inserire il contribuente in strutture organizzate, riferibili ad altrui responsabilità, nell’impiegare beni strumentali che sforano il “minimo indispensabile” e nelle prestazioni di terzi, non avvenute in modo continuo.
Fin dal principio l’amministrazione finanziaria è sempre stata inflessibile nell’interpretare la norma, arrivando a contestare l’obbligatorietà del tributo anche solo a causa della proprietà, cioè delle dimensioni dello studio in cui viene esercitata la professione. Ad esempio, grazie all’ordinanza del 19 dicembre 2014, i giudici hanno stabilito che un medico convenzionato Ssn, con uno studio di 50 metri quadri allestito con le necessarie attrezzature non è soggetto all’Irap.
Ci sono poi dei distinguo da fare tra professionisti in collaborazione tale da dare vita a una vera e propria struttura con gestione delle entrate unitaria, e quelli che giungono alla sola divisione delle spese d’interesse comune, come locali e utenze. Secondo l’ordinanza 27005/2014, tra i due, solo quest’ultimo caso rientra nell’esclusione all’obbligo di pagare l’Irap. L’ordinanza 27007/2014 si afferma che esercitare una professione in forma associata, basta a far supporre l’esistenza di un’autonoma organizzazione. Starà al contribuente dimostrare che il reddito deriva dal solo lavoro dei singoli associati.
Invece, l’orientamento prevalente porta in genere a un’esclusione dall’automatica applicazione del tributo, se alla presenza di soli beni strumentali e del lavoro offerto da terzi. Secondo l’ordinanza 27014/2014 la presenza di un dipendente diventa importante, nei confronti dell’applicabilità del tributo, solo se il lavoro subordinato potenzia l’attività di produzione. Quindi, secondo l’ordinanza 26991/2014, la presenza di un collaboratore (ad esempio addetto ad aprire la porta o rispondere al telefono mentre il medico visita un paziente) non può essere ritenuta indice di autonoma organizzazione.
Con la circolare 45/2008 l’Agenzia delle Entrate si riferisce ai beni strumentali, quando si ha un investimento superiore a 15.000 euro, mentre la Cassazione è sicura nell’affermare che questi assumano rilevanza solo se in esubero rispetto al minimo indispensabile per l’adempimento dell’attività.
Sarà infine il giudice di merito a valutare caso per caso, accertandosi dell’esistenza dei presupposti per richiedere l’Irap, in caso la prestazione lavorativa di terzi e/o il complesso delle attrezzature rientrassero in quei limiti stabiliti dalle varie ordinanze.