La proposta di legge per il nuovo regime dei minimi è ancora un documento provvisorio, con alcuni punti alcuni oscuri. Se anche le precedenti versioni potevano non essere soddisfacenti (basta pensare al blocco alla crescita di un’azienda nel momento dell’uscita dai minimi, con tutte le penalità del caso), questa potrebbe essere la peggiore, nonostante si tenta di passarla come una compensazione per essere stati esentati dal tanto decantato bonus di 80 euro.
Se le anticipazioni saranno confermate, si preannuncia come una vera e propria presa in giro per i freelance. Se è vero, come più volte ripetuto, che la legge andrà ad applicare un’imposta sostitutiva del 15%, modificherà anche queste parti:
• la soglia di fatturato che definisce l’area di applicazione dei minimi, che andrà da un minimo di 15.000 euro a un massimo di 40.000 euro;
• il modo di calcolare i costi. Questi ultimi non saranno infatti definiti dalle spese effettivamente sostenute, ma in base a coefficienti presuntivi di redditività (ad esempio un coefficiente dell’80% applicato ad un fatturato di 10.000 euro indica che si presume che le spese siano state di 2.000 euro). Quanto più bassa è la percentuale di redditività tanto minore sarà la base di applicazione dell’imposta. Sia la soglia di fatturato, sia i coefficienti di redditività saranno diversi a seconda del settore di attività.
Secondo il documento provvisorio, viene alla luce che nel limite dei 15.000 euro ci sono le attività professionali (cioè i freelance), mentre a quello superiore di 40.000 si trovano commercianti, baristi e ristoratori, con una disparità di redditività presunta pari al 78% per i primi e al 40% per i secondi. Insomma, mentre i commercianti usufruirebbero di un bonus maggior, i freelance vedranno invece una diminuzione dello stesso. Inoltre, non si può ignorare che agendo in questo modo, si allarga l’area dell’esenzione dagli studi di settore per attività tradizionalmente a elevato rischio di evasione fiscale, mentre sarebbero punite le varie attività professionali, comprese quelle che si rivolgono alle imprese, in cui il rischio di evasione è minore, dato il contrasto d’interessi (legato al fatto che i mandatari richiedono la fattura).
Come “compensazione” per il bonus di 80 euro alcune categorie rimarrebbero di certo soddisfatte, mentre diventerebbe una vera e propria presa in giro per i freelance. Che il governo non riesca a progettare una revisione seria del carico fiscale per i freelance (come avviene in altri paesi, visti i rischi che si sobbarcano nell’aprire le loro attività), non può non far pensare al potere che continuano a esercitare alcune categorie, o quanto meno alla volontà del governo di accontentarle, rispetto ad altre.